Il fenomeno del basket oggi (2015) a Varese e provincia non ha probabilmente riscontri simili in Italia (e forse anche in Europa) per la grande partecipazione attiva o a livello di passione da parte di moltissime persone che praticano o seguono campionati di tutti i livelli, dalla Serie A al dopolavoro amatoriale. Le radici di questo movimento nascono probabilmente in quegli anni, nei quali la “grande Ignis” (poi Mobilgirgi) con una squadra composta da grandi personaggi come Dino Meneghin o Bob Morse vinceva in Italia, in Europa e nel Mondo.
Il “gruppo del 1962”, di cui racconta il lavoro, compie in proporzione, a livello di settore giovanile, lo stesso percorso restando sempre ai vertici nazionali delle proprie categorie e vivendo contemporaneamente da vicino i successi e le vicende della prima squadra.
Lo stile del racconto cerca di essere leggero e scorrevole, in alcuni casi spera di essere divertente, mischiando cronaca, aneddoti, personaggi, considerazioni cestistiche e sociali, non vuole essere solo un’”operazione nostalgia” ma fornire anche spunti per l’attualità pur nel ricordo di un’epoca in cui lo sport ha inciso profondamente nel territorio anche a livello sociale.
Il protagonista Mauro Buzzi Reschini sarà riconosciuto, in quegli anni e negli anni a seguire nella sua attività di cestista nelle “minors” varesine, per la sua caratteristica di “tiratore” cioè per la precisione nei tiri a canestro da lontano e per il fatto di essere un mancino puro, di fare cioè praticamente tutto con la sinistra. Nasce da qui “Memorie di un tiratore mancino”.